L’Italia può vantare un altro triste primato: La terra della pizza e del mandolino è l’unica nazione europea in cui l’infermieristica, invece che crescere, si sta annichilendo. In questo articolo andremo ad analizzare le problematiche esistenti. Analisi che è stata già svolta su questo blog, nei mesi o negli anni precedenti, ma che ovviamente necessita di una telecronaca di quanto è stato o non è stato fatto.
Analisi e Segni evidenti di questa crisi
Tutti infermieri, ma molto diversi…
La crisi dell’infermieristica non è materia nuova sul panorama professionale. Il problema in realtà nasce circa 25 anni fa, quando l’Infermiere ha iniziato a prendere la strada del professionista sanitario laureato ed autonomo. Le radici del problema nascono con il D.M. 14 settembre 1994, n. 739 con cui si sancisce la nascita del Profilo Professionale dell’Infermiere, successivamente con la Legge 26 febbraio 1999, n. 42 con cui viene abrogazione il Mansionario e viene sostituita la dicitura professione sanitaria ausiliaria con la sola professione sanitaria, ed in seguito il Decreto interministeriale 2 Aprile 2001 dove il diploma, diviene Laurea in Infermieristica. Sia chiaro, il ruolo di queste norme è stato fondamentale per l’evoluzione della nostra figura professionale, ma al contempo ha destabilizzato le fondamenta di un sistema retto su alcuni princìpi che erano li da oltre mezzo secolo.
D’un tratto (nel corso dei 20 anni successivi), ci si è ritrovati in corsia infermieri laureati ed infermieri diplomati. Si è vissuto dunque in una dicotomia, i primi nati (professionalmente, si intende!) con il mansionario e la convinzione di essere ancora una professione ausiliaria, gli altri nati sotto la bandiera della professione autonoma e indipendente. Gli ospedali, non sono cambiati subito. Gli infermieri con la necessità di sentirsi ausiliari erano ancora numerosi. Ma nel corso del ventennio successivo le mutazioni sono a poco a poco arrivate.
Ciò che è accaduto, qui in Italia, però è qualcosa di peculiare: Le catene, ormai spezzate, che imprigionavano la professione infermieristica alla status di mera professione ausiliaria, sono diventate mura di una fortezza costruita dalla compagine medica per difendere il loro operato sotto la bandiera dell'”Atto Medico”.
L’infermiere ormai libero di poter agire responsabilmente e professionalmente ed in totale autonomia, al di fuori della sua prigione ha trovato una landa desolata e priva di vita. L’orto rigoglioso e le verdi praterie risiedevano tutte nella cittadella, fortificata da enormi bastioni, del cosiddetto “Atto Medico”.
A soluzione di tutto ciò, nulla fu fatto; forse colpa di una classe dirigente infermieristica priva di capacità, oppure a causa di una infiltrazione nel tessuto politico nazionale da parte della classe medica, l’Infermiere rimase e rimane in questa situazione per oltre 25 anni: Tecnicamente liberi ed autonomi, praticamente con le stesse mansioni di 30 anni fa.
Questo ristagno d’acqua imputridisce e intacca le nuove fondamenta di questa professione, per oltre un ventennio. La professione non è appetibile. La libera professione fa fatica a partire. I contratti nazionali, sopratutto quelli privati, pagano un infermiere a compensi orari degni di una donna delle pulizie (con profondo e degno rispetto per questa categoria).
Contratti Nazionali e Contrattazione separata…
I contratti nazionali sono un’altra rogna che deve affrontare questa professione. Gli aumenti nel corso di questi anni non hanno mai superato i 60/70 € per triennio. Somma incapace persino a mantenere il passo di una inflazione che nel corso degli ultimi anni ha rosicchiato le carni putrite di uno stato corrotto fino all’osso (L’Italia risulta più corrotta di Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra e molte altre nazioni europee, si attesta però prima di Polonia, Romania e Bulgaria)
Ma tutti, sindacati inclusi, ad ogni rinnovo stappavano bottiglie e festeggiavano il miglior risultato raggiungibile. Festeggiamenti che però avevano un cuore amaro di insoddisfazione degli iscritti.
Le contrattazioni nazionali ormai da qualche anno, non pensano più alle risorse da investire sul personale (quelle sono già decise con le finanziarie degli anni prima), ma discutono per lo più di piccole modifiche che risultano poi nel complesso, irrilevanti per la vita del dipendente.
Le risorse economiche vengono ridistribuite. Ogni triennio rimuovono una voce e ne aggiungono una corrispettiva allo stesso ammontare con un nome diverso. La coperta è corta; e ormai tutti lo sanno.
Per Legge del 12 giugno 1990, n. 146, modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, gli infermieri non possono scioperare. Per essere però più precisi, esiste la possibilità da parte delle aziende di precettare il dipendente se fa parte del contingente minimo e svolge un ruolo nei servizi pubblici essenziali.
Tradotto: Gli infermieri non potranno mai scioperare. Sono veramente pochi coloro che negli ambiti ambulatoriali potranno alzare la voce, causando comunque piccole defaillance di un sistema che già di suo è nel totale caos. Dunque con un impatto del tutto trascurabile.
In Italia non esiste reparto che non sia al minimo del contingente. E questo non è legato alla carenza di infermieri, quest’ultima ha solo portato il numero di infermieri al di sotto del numero minimo, bensì esso è legato ad una politica perpetuata negli ultimi decenni, di raggiungere un risparmio e e uno sfruttamento continuo delle risorse al fine di tagliare i costi fino a disossarli.
Nel corso degli anni, nonostante sia stato chiesto, nessun sindacato ha mai recepito la possibilità di richiedere una indennizzo per il diritto allo sciopero negato. Un danno economico, per le aziende, che nel suo complesso, potrebbe far prendere in considerazione le richieste avanzate dai lavoratori. “Irrealizzabile” molti hanno tuonato; con la stessa convinzione di un cane che scondinzola quando il padrone mostra il randello che lo ferirà.
Infine, bisogna considerare la richiesta (ormai quasi decennale) di una contrattazione separata dal comparto. Richiesta che talvolta, ha sollevato affermazioni anche dubbiose da parte dei nostri dirigenti, poco convinti e quasi divisi sulla questione. Il motivo per cui continuiamo a sguazzare nel calderone delle mille professioni. Non si dimenticano frasi del tipo “Pensiamo prima alle specializzazioni infermieristiche” oppure “Ragioniamo sul miglioramento dei percorsi universitari”. Ma perchè gli uni dovrebbero escludere gli altri?
Le promesse dei governi sono come una droga di cui non ci si stanca mai, e gli infermieri italiani godono ad ogni promessa che l’uno o l’altro politico sputa dai palchi e dai salotti televisivi. Su tutti i giornali e giornaletti infermieristici si riprendono le affermazioni dei vari personaggi televisivi utilizzandoli come testimonial di una necessità di migliorare la situazione. Ma è solo fumo negli occhi.
L’attuale esecutivo è l’esempio meraviglioso di come si può prendere per i fondelli la categoria infermieristica. Sin dalle elezioni arrivando alla loro instaurazione e ai primi anni di governo, i vari ministri hanno mostrato sempre un interessamento bieco nei confronti della professione. I proclami sono stati tanti. Tantissimi. I risultati invece molto scarsi. Più scarsi di tutti i governi precedenti. E la situazione andrà solo a peggiorare. La valorizzazione dell’infermiere urlato ai quattro angoli della nazione, sarà probabilmente un aumento di circa 50/60€ lordi mensili. Da far arrossire anche il più sprezzante dei mercanti.
Il calo delle iscrizioni…
I giovani italiani guardano all’infermiere come una professione da evitare. Molti non la definiscono nemmeno tale. Le università hanno messo in bando, con l’aiuto dei governi precedenti, molti più posti per coprire il gap del cambio generazionale di infermieri. Ma gli iscritti mancano.
Nel grafico (Fonte FNOPI) si nota il trend che sta mettendo in crisi l’intero sistema. Nel 2012 gli aspiranti infermieri erano oltre 44mila. Nel 2023 gli aspiranti infermieri sono stati oltre 23mila. Un calo drastico del 48%. I posti a disposizione sono passati da 16mila a 20mila, mentre il numero di laureati negli ultimi quattro anni è aumentato, dopo quasi un decennio di trend negativo.
Il problema però si nota. Sebbene il numero di laureati aumenti, il numero di interessati a laurearsi in infermieristica è praticamente dimezzato in poco più di dieci anni. Un trend che di questo passo porterà a non soddisfare nemmeno i posti messi a bando e infine a ridurre anche il numero di laureati. Una catastrofe preannunciata.
Assistente Infemiere
Mentre scrivo questo articolo, la Conferenza Stato-Regione approva l’istituzione dell’Assistente Infermiere. Vorrei provare ad analizzare questo fatto in altro articolo, ma non posso che citare alcuni highlights essenziali.
La creazione della figura dell’Assistente Infermiere è solo una strategia per mettere una pezza mal riuscita alla carenza cronica di infermieri all’interno delle case di riposo e residenze per anziani. Alcune di queste strutture sono gestite con l’unico scopo di generare profitti massimi. Avere pochi infermieri, che bisogna pagare ormai di più della nota, e già citata, donna delle pulizie è inconcepibile per queste persone. Con la semplice teoria del “Se gli infermieri non si fanno più sfruttare, allora creeremo un’altra figura che lo farà”
Sebbene tutto il mondo professionale si sia mosso a contrastare questa norma, ad esclusione di FNOPI, l’accordo è passato. Gli interessi economici di chi gestisce queste strutture (contrariamente da ciò che si pensa non sono solo medici) valgono di più delle prese di posizione delle nostre istituzioni infermieristiche e sindacali, uscite totalmente ignorate dalla situazione.
Bisogna considerare essenziale una teoria che ho da sempre portato avanti: Si può parlare di taskshifting solo quando non esisteranno più, in questa nazione, fenomeni di demansionamento. Quando gli infermieri saranno chiamati a fare solo ciò che loro compete, solo allora si potrà parlare di Taskshifting e figure ibride. Tutto il resto è mera speculazione sulla salute delle persone e puro sfruttamento e mortificazione professionale.
Non possiamo però considerare, come è ovvio che sia, le possibilità che in uno stato civile e professionalmente avanzato potrebbe portare l’istituzione di questa figura. La mia mancanza di fiducia purtroppo si lega all’immagine di questa Italia, fanalino di coda nelle culture europee.
Conclusioni…
Questa non è una vera e propria conclusione. Il problema è vasto ed in continua evoluzione. Sicuramente sarà necessario eseguire nuove analisi nel corso del tempo per aggiornare quanto finora detto.
Mi spiace aver ammassato molteplici motivazioni in un unico articolo. Certamente su alcuni punti ritornerò con analisi più puntuali.
Spero solo che un giorno possa scrivere che mi sbagliavo su tutto.